Ringraziamo Max Sannella per questa recensione lusinghiera sulle pagine di Mescalina.
Qui il link e qui di seguito la rece
C’è una buona e “fruccicante” aria bucolica che tira dalle parti di questo piccolo “atollo di bon-ton sonoro” chiamato “Cloud Cuckoo Land”, abitato dai bresciani “Annie Hall”. Praticamente una repubblica musicale a parte che galleggia leggiadra nell’arcipelago dell’emergenza con moto proprio, senza ottani di distorsioni o additivi wattati. La loro benzina non inquina l’ascolto, è un dolce cullarsi in un pop-folk indie adattissimo per occhi chiusi esposti a tenui raggi di sole o a pioggerelle timide; un suono soft e ovattato che da forma alla gioia, alla malinconia, allo stupore, di chi traccia l’immensità dei cieli per regalare nuovi angoli prospettici sul mondo dei mortali.Ballate dal sapore looner, sognanti di trifoglio che non cercano l’inutilità di una logica New-folk, ma le credenzialità di una scrittura fresca automatica, di derivazione a tratti surrealista, che poi, una volta amalgamate a effluvi pop, ne stillano ricami, macramè di buone vibrazioni amichevoli, calde e percettive.Quello che si “prende” in tutto il percorso stereo del disco, è un senso di bello e tranquillo come un trotterellare tra conifere e sottoboschi rigogliosi tra un fine inverno e inizio primavera: di sensi appena rimossi in moto, ma felici. Theremin, campanellini e dinoccolamenti di banjo, pizzicano queste nove takes ondulanti, senza spigoli o angoli retti, tra cui spiccano “Mushrooms” bagnata dalla Liverpool degli Scarafaggi, il calibrato luonge di “Gone for good”, lo shakeraggio beatnik di “Uncle Pig” e la nebbiosa filigrana di tromba che in “Little room” tratteggia gli scenari della Big Swing Apple da Blue Note.Tutto sembra – e non solo per il cantato in inglese – meno che questa band provenga da Brescia. Qui si tocca un altro livello di musica emergente; sarà per le atmosfere lussuose nel semplice, vuoi per gli arrangiamenti mai buttati lì per caso, magari per quel confine che li posta tra gli Airport Girl, le rugiade acide di Drake e gli interni d’anima dei Wilco, che fanno di questo superlativo dischetto e di questa good band, un proiettile puntato sugli altopiani della fantasia e volendo di un futuro. Imperdibile!
MASSIMO SANNELLA
Monday, February 23, 2009
Mescalina
Posted by Anonymous at 7:41 PM
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